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La Fioritura del Pian Grande di Castelluccio

La fioritura del Pian Grande, nei pressi di Castelluccio di Norcia, nel periodo tra la fine di maggio e la metà di luglio, è uno spettacolo che incanta.

Ai piedi del Monte Vettore, sul versante umbro marchigiano dei Monti Sibillini, si ripete ogni anno uno degli spettacoli più straordinari che la natura è in grado di offrire. Le incredibili distese di prato da pascolo si trasformano in un vero e proprio dipinto, con toni gialli, rossi, blu di mille sfumature e varianti.

Lo spettacolo è reso possibile dalla fioritura della lenticchia  e di innumerevoli varietà di fiori spontanei: papaveri, violette, genzianelle, narcisi, ranuncoli, trifogli, acetoselle e altro ancora.

Il colpo d’occhio della fioritura del Pian Grande di Castelluccio, ripreso ormai da fotografi di tutta Europa (nel rispetto dei prati seminati, in cui non bisogna assolutamente entrare!), è davvero unico e cambia di giorno in giorno, con il succedersi ed il variare delle fioriture, influenzate ogni anno dall’andamento climatico della stagione e quindi assolutamente indeterminabili.

Molti ancora credono che la Fioritura avvenga nel tempo molto limitato di qualche giorno: in verità l’evoluzione del panorama e dei suoi colori da fine maggio a metà di luglio non smette mai di sorprendere e stupire. Anche all’inizio ed alla fine del periodo più noto e variopinto le piane offrono comunque uno spettacolo, con il primo virare sull’oro del raccolto o con le semplici folate di vento tra l’erba alta.

La Fioritura viene festeggiata a Castelluccio nella terza e nell’ultima domenica di giugno ma, proprio perché non è possibile determinarne l’andamento, si tratta solo di appuntamenti tradizionali.

Da alcuni anni, in determinati periodi clou non si può raggiungere Castelluccio con mezzo proprio (nel 2022 i periodi di chiusura furono il 17-18 e 24-25 giugno, il 1-2 e 8-9 luglio). Aldilà delle chiusure, se si vuole godere davvero dei panorami (e dei cibi!) è assolutamente sconsigliato recarsi sul posto nei week end.

I luoghi

I piani di Castelluccio, raccolti nel territorio compreso tra i comuni di Norcia (Pg) e Castelsantangelo sul Nera (Mc), sono il fondo di quello che fu nell’antichità un lago sulle montagne dell’Appennino.

A circa 1350 metri sul livello del mare il visitatore può arrivare dall’alto e poi immergersi in 15 chilometri quadrati di pianure, divise in tre grandi aree: il più conosciuto Pian Grande, il Pian Piccolo, il Pian Perduto. Nella parte meridionale del Pian Grande si trova il Fosso dei Mergani.

La fioritura del Pian Grande di Castelluccio è sicuramente quella più ammirata ma non è l’unica degna di nota.

Al centro di queste distese, in posizione rialzata, fa bella mostra di sé il piccolo paese di Castelluccio, nato per dare rifugio ai pastori che da nomadi si trasformavano in stanziali.

Le scritte di Castelluccio

Con la drammatica scossa del 30 ottobre 2016, il borgo di Castelluccio è stato completamente distrutto. Speriamo che molto del suo patrimonio culturale ed artistico possa essere recuperato.

Sulla sommità del colle c’era la parte più antica del paese. Un bel portale testimoniava l’esistenza di una fortificazione cinquecentesca. Sempre del 1500 era la chiesa di S. Maria Assunta, che custodiva una Madonna in legno dello stesso periodo attribuita a Giovanni Antonio di Giordano, maestro scultore di Norcia.

Sicuramente non potranno essere recuperate le  grandi scritte di vernice bianca, in dialetto locale, che si potevano leggere sui muri delle case.

La storia, molto curiosa, ebbe inizio nei primi anni sessanta. Una mattina d’estate gli abitanti del paese trovarono alcune scritte in dialetto, fatte a calce bianca sui muri.  Si trattava di una vera e propria “messa in piazza” dei fatti privati di due fidanzati, raccontata dal ragazzo dopo un litigio o forse un tradimento di lei. La cosa innestò ovviamente molte chiacchiere ed alcuni strascichi non certo amichevoli.

Ma la miccia era accesa. Nelle notti successive comparirono altre scritte, con altri commenti poco gradevoli sulle vicende di alcune ragazze del borgo. Non ci volle molto perché tutti i muri di Castelluccio si riempissero di singolari componimenti in vernacolo con forte accento satirico.

Come ricorda uno dei protagonisti dell’epoca, questa forma di satira si riallacciava alle vecchie “sature”, usate un tempo per far sorridere, ma anche per informare, i pastori castellucciani nelle notti di veglia. La “satura” era una forma di poesia di strada, costruita in dialetto sulla base di fatti realmente accaduti. Il compositore cantava i fatti salienti colorandoli con una vena allegorica e divertente ma cercando di non scadere nell’offesa.

Le “sature” e le scritte hanno sempre avuto come soggetto principale le ragazze, mai citate per nome ma ugualmente spesso facilmente riconoscibili.

I tanti lavori di adeguamento e ristrutturazione nel piccolo paese avevano purtroppo già portato nel tempo alla cancellazione di alcune scritte. Per tenere viva la memoria di questa singolare caratteristica di Castelluccio, è stata creata una pagina che raccoglie alcune scritte.

La lenticchia di Castelluccio

La lenticchia Igp di Castelluccio è un prodotto conosciuto ormai in tutto il mondo e molto ricercato. Chiamata dagli abitanti del luogo “lénta”, ha un sapore caratteristico e qualità uniche: dimensioni molto piccole, alta resistenza ai parassiti, coltivazione esclusivamente biologica.

La “lénta” viene seminata non appena il manto nevoso (ricordiamo che siamo a 1350 metri di altezza) è completamente disciolto. Verso la fine di luglio inizia la raccolta, che oggi viene effettuata con mezzi meccanici ma che un tempo veniva affidata alle “carpirine” (dal lavoro di “carpitura”), donne del luogo o provenienti dai paesi vicini che, a mano, effettuavano il raccolto.

La lenticchia di Castelluccio possiede notevoli qualità nutritive: le sue proteine, vitamine, fibre e sali minerali la rendono ottima per chi necessita di una dieta ricca di ferro, potassio e fosforo, povera di grassi e molto nutritiva.

Altra caratteristica importante della lenticchia di Castelluccio è la buccia sottile e tenera che consente direttamente la cottura senza ammollo, riducendo notevolmente i tempi di preparazione.

Ancora oggi i contadini più anziani, nella festività del primo di maggio si recano sui campi ed eseguono riti ancestrali per invocare la protezione dal fuoco, dalle tempeste, dalle siccità e dalle cavallette.

Dopo aver piantato sul terreno una piccola croce fatta con ramoscelli d’ulivo, gettano a terra i carboni benedetti e spruzzano gocce di acqua santa. Infine recitano una preghiera rivolta a San Benedetto ed a Santa Scolastica.